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Fermenti religiosi nella storia della Chiesa medioevale

Posted By Comitato di Redazione On 1 novembre 2022 @ 01:41 In Letture,Religioni | No Comments

 

coverdi Francesco Gianola

 Le fedi religiose che accompagnano la storia dell’umanità sono lastricate di fermenti ideali o spirituali che richiamandosi a principi dottrinali scritti ed orali, hanno assunto nel tempo la forma di scissioni, di semplici contestazioni, di eresie o di sette violente, che quando per ragioni politiche o geografiche si sono diffusi e hanno trovato protezione sono divenuti vere e proprie confessioni. Al contrario, quando sono stati repressi e annientati sono finiti sul libro nero della storia, come è accaduto agli Apostolici e ai Dolciniani di Gherardo Segarelli e Fra’ Dolcino.

È sicuramente un lavoro impegnativo e di grande valore scientifico uno studio su fenomeni che si perdono nei secoli soprattutto in quei secoli bui che hanno caratterizzato il Medio-Evo e di cui sono assai scarse le fonti. Ecco, dunque, l’importanza del libro La Lebbra dell’Anima di Don Umberto Cocconi (edizioni Monte, università di Parma, 2018). L’autore con questa sua opera ha posto una pietra miliare sul fenomeno dagli Apostolici, dando vita ad un testo didattico di grande rigore analitico e allo stesso tempo ad uno strumento di arricchimento culturale per chi ama conoscere un tratto della storia medievale e dei fermenti religiosi dell’epoca.

Avendo come “attore principale” la figura di Gherardo Segarelli il libro risulta un importante strumento sotto diversi punti: a) viene presentato in modo non superficiale lo stato dell’arte della Chiesa in quei secoli bui, con un richiamo a figure e movimenti religiosi in un certo qual modo rivoluzionari in tema di dottrina e sicuramente ispiratori della “deriva apostolica”: Gioacchino da Fiore (1130-1202), Giovanni da Parma (1208-1289), Gerardo da Borgo San Donnino (?- 1276) e i flagellanti che con le loro processioni e i loro riti colpivano l’immaginario collettivo ; b) attraverso gli avvenimenti che riguardano la città di Parma,  viene descritto in modo non superficiale il quadro storico, politico e  sociale dei secoli XII e XIII, con una visione sullo scacchiere nazionale ed europeo che ci permette di conoscere fatti e persone ignote al grande pubblico e il ruolo non secondario che la città di Parma rivestiva in quel periodo; c) ci viene data l’occasione di conoscere la genesi del movimento apostolico successivamente dolciniano, che proprio nelle contrade del parmense vanta la sua origine per opera della figura largamente ignota al grande pubblico di Gherardo Segalello (1240-1300);  d) si sottolinea l’emergere in quel periodo di una rinnovata esigenza di spiritualità in una società non priva di violenza, guerre e sopraffazioni e di crisi dell’autorità ecclesiastica.

Gregorio VII

Gregorio VII

Gli obbiettivi della “riforma gregoriana” dell’XI secolo infatti: lotta alla simonia (compravendita delle cariche ecclesiastiche), proibizione del concubinato di chierici e sacerdoti con donne e il rafforzamento del potere pontificio con il Dictatus papae di Papa Gregorio VII (Pontefice dal 1073 al 1085), vennero raggiunti solo parzialmente. La lettura del testo La Lebbra dell’Anima, lineare nella scrittura ma profondo nell’analisi, è anche uno stimolo allo studio di quel periodo, di quei fenomeni e di quei protagonisti, in particolare della figura importantissima del francescano Fra Salimbene da Parma (il cui profilo abbiamo descritto in un nostro precedente contributo su “Dialoghi Mediterranei”, n.56, luglio 2022), teologo e studioso delle Sacre Scritture, ma soprattutto storico e cronista meticoloso delle vicende dell’epoca, poco conosciuto al di fuori della ristretta cerchia degli studiosi, autore di quel voluminoso lavoro storico-teologico che sono le sue Croniche.

Ma oltre all’autorevolezza, il testo è particolarmente bello e coinvolgente. Attraverso le sue pagine ci si trova di colpo calati nella realtà che viene descritta. Ed eccoci apparire Gherardino con i suoi apostoli e le sue bizzarrie come la razzia delle vigne nei pressi di Culliculus (Collecchio) o le sue pratiche poco ortodosse in tema di castità che i suoi accusatori descriveranno come vere e proprie orge sataniche. Ci appaiono diverse località Alzano (Ozzano Taro), suo luogo natio e la modesta casa di Segalello, e in particolare Parma in cui la cattedrale e il palazzo vescovile rappresentavano allora il centro di gravità politico e religioso. Ci appare la figura severa e autorevole di Fra Salimbene, che respinse il  desiderio del povero Gherardino di far parte dell’ordine francescano e soprattutto la maestosa chiesa di San Francesco del Prato e del suo convento, per ironia della storia trasformati dalle truppe napoleoniche in carcere e oggi oggetto di un importante progetto di ristrutturazione e riconsacrazione; dove, tra le imponenti navate e cappelle della chiesa, una scomparsa rappresentazione pittorica  delle figure degli apostoli di Cristo con le loro vesti bianche ispirò lo sfortunato predicatore parmense, che respinto dall’ordine francescano qui si fermava a meditare e che innamorato del Vangelo, come ci ricorda l’autore, ne divenne in un certo qual modo vittima, iniziando una sua autonoma predicazione.

Fra Dolcino al rogo

Fra Dolcino al rogo

Inizialmente tollerato il movimento apostolico si diffonde ben oltre le contrade parmensi. Sono soprattutto le persone semplici meno avvezze a sottigliezze teologiche, a non trovare nell’attività degli apostolici quei pericoli per la purezza della fede che con ostinazione denunciava il suo maggior detrattore, in particolare in materia di morale sessuale. Ma la predicazione apostolica trova consensi anche presso nobili famiglie fuori dei confini, come quelle dei Manfredi e degli Albrighetti in Firenze, forse più per ragioni politiche che di fede.

Una figura in particolare protegge inizialmente Segalello e i suoi adepti, il Vescovo parmigiano Obizzo Sanvitale. In diverse occasioni, inoltre, le predicazioni degli “Apostoli” vengono accolte anche in chiese e luoghi sacri. Il clima comincia a cambiare con il Concilio di Lione (1274), durante il quale vengono assunti provvedimenti contro il proliferare delle congregazioni religiose ad eccezione di Francescani, Domenicani, Agostiniani e Carmelitani. Le conseguenze non sono immediate per Segalello e i suoi seguaci. È nel 1285 che il Papa Onorio IV emana un provvedimento specifico contro il movimento, invitando le gerarchie ecclesiastiche, se necessario con l’aiuto del braccio secolare, a sopprimere con ogni mezzo il fenomeno. Da qui alla conclamata eresia, il passo è breve. Le eresie così come le malattie del corpo dovevano essere estirpate ad ogni costo per evitarne la diffusione. Scrive infatti l’autore:

«L’eresia era percepita dalla Chiesa alla stregua d’una malattia: era una ferita per la quale la medicina non conosceva altra cura se non l’amputazione dell’arto infetto, che se fosse stato lasciato attaccato al corpo avrebbe diffuso la malattia mortifera in tutto l’organismo. L’eresia, pertanto, era sinonimo di peste, di scabbia, di lebbra, di cancro, di veleno che risale all’antico serpente. E siccome molte malattie si curavano col fuoco, anche gli eretici venivano bruciati cosicché l’infezione non si propagasse. ……. Occorre aggiungere inoltre, che la pratica del rogo veniva adottata in conformità a un precetto sancito dal quarto Concilio Lateranense del 1215 che prescriveva agli ecclesiastici di non spargere sangue».

Il 18 luglio dell’anno 1300 dopo un processo tenutosi nel Palazzo Vescovile di Parma, Gherardo Segalello per lungo tempo tollerato è accusato di eresia, viene arso vivo sul rogo nella piazza oggi denominata della Ghiaia. Spettatore anonimo di questo rito crudele certo Dolcino Torielli o Tornielli, pare figlio illegittimo di prete spretato simpatizzante se non organico agli apostolici, che richiama a sé numerosi discepoli del mancato francescano e fa propria la sua predicazione divenendone il capofila e portandola ad una deriva violenta. E a Fra Dolcino e alla sua compagna Margherita, anch’essi condannati per eresia, tocca una sorte ancora più crudele: dopo atroci torture con ferri roventi in un tour dell’orrore per le vie di Vercelli, vengono portati al rogo il primo giugno del 1307.

9714754503_2bb64a930e_bMa mentre per la figura di Dolcino finiva la storia ma iniziava il mito e l’eretico diveniva un’icona e un riferimento simbolico per i movimenti anarchico-rivoluzionari, il povero Segalello cadeva nell’oblio. Grazie al libro di Don Umberto Cocconi l’aspirante monaco e la sua predicazione vengono ripescati dai meandri della storia e portati alla conoscenza non solo degli studiosi ma anche degli appassionati di letture di valore scientifico. Nulla o quasi che ricordi questi avvenimenti, in una città come la nostra, Parma, così ricca di fermenti sociali politici e culturali.

Che giudizio si può dare oggi su Segarelli e sugli apostolici-dolciniani? Come ricorda l’autore, le principali fonti, Salimbene in primis, sul personaggio e il suo movimento ne tracciano un quadro assai negativo. Credo che il giudizio dell’epoca sia dipeso in larga misura dal periodo storico in cui si genera il fenomeno, con una Chiesa che si sentiva circondata e in costante pericolo. Oggi come ci suggerisce la lettura di questo libro, il richiamo all’umiltà, alla povertà e alla predicazione tra la gente comune, comunque parte del messaggio apostolico, ci induce ad un giudizio meno severo.

Dialoghi Mediterranei, n. 58, novembre 2022
Note
[1] Don Umberto Cocconi, cappellano presso l’Università di Parma, parroco della chiesa di San Tommaso in Parma è docente presso l’Istituto Interdiocesano Superiore di Scienze Religiose dell’Emilia. Tra le sue pubblicazioni: Chiesa e Stato a Parma durante l’unità d’Italia. L’episcopato di Mons. Felice Cantimorri (1851 – 1870), 2011; Preti Patrioti Parmensi durante l’Unità d’Italia: pensiero ed azione di Don Cristoforo Gallinari prete patriota (1792 – 1877), 2011; La Lebbra dell’Anima. Gherardino Segarello e il movimento degli Apostolici a Parma, 2018; L’ultimo vescovo del Concilio Vaticano I, Evasio Colli Vescovo di Parma (1932 – 1971), di recente pubblicazione. Per ogni informazione relativa al testo in oggetto e alle altre pubblicazioni: Parrocchia di San Tommaso via Farini 38   Parma. Mail: umberto.cocconi@libero.it

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Francesco Gianola Bazzini, dottore in Giurisprudenza e in Relazioni Internazionali, mediatore in ambito giuridico, consigliere del Centro Interdipartimentale Ricerca Sociale dell’Università di Parma, studioso di Sociologia delle Religioni e dell’Islam politico moderno, ha svolto seminari didattici presso due corsi di studio della stessa Università e attività divulgativa presso diverse realtà politico-culturali.

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