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Acqua e Sale. Rituali catartici siciliani

Posted By Comitato di Redazione On 1 novembre 2017 @ 00:47 In Cultura,Società | No Comments

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Emersione di Core Afrodite dal bagno mitico-rituale, Trono Ludovisi

di Pier Luigi Josè Mannella

Anche se in casi ormai limitati, in Sicilia sono ancora attestati rituali catartici finalizzati alla purificazione degli ambienti domestici da spiriti maligni, malocchio e altre “entità” negative. Essi consistono, principalmente, in suffumicazioni e in lustrazioni cerimoniali dell’abitato, nelle quali possono verosimilmente avere inciso anche ragioni profilattiche, considerate le proprietà antibatteriche e sterilizzanti del fumo, dell’acqua e del sale.

Il rituale della lustrazione corrisponde a un’aspersione della casa con acqua e sale, con la recita di un breve formulario incantatorio, di matrice catartico-apotropaica, del quale esistono diverse lezioni adiafore distribuite in tutta l’Isola, ma attestate principalmente nell’area centro-orientale. In esse, si evocano i due elementi al fine di contrastare la volontà, l’invidia (soccu pènzanu, testo 5), le maledizioni, le imprecazioni (socchi dìcinu, testi 2, 6), le azioni incantatorie e le fatture (chiddu ca fanu, testi 3, 7) impetrate dagli operatori di incantesimi, popolarmente noti come magari. In realtà, l’esordio ricorrente, che esplicita gli ingredienti soterici del rito, ha valore deittico, in quanto si recita mentre li si sta adoperando per aspergere casa e così liberarla dalle presenze malvagie; è perciò una verbalizzazione implicita della praxis contemplata all’interno della stessa orazione.

A Sommatino, le donne in sospetto di fattura, credendosi vittima di operatori cerimoniali, usano versare acqua in una bacinella, mescolarvi un pugno di sale e poi disperderla con la mano in giro per casa, pronunciando un incantesimo apotropaico (testo 3). La lezione di Naro contro malocchio e iettatura (testo 4) si recita per tre mattine consecutive, mentre si sparge, davanti casa, acqua e sale. La preghiera raccolta a Marsala (testo 6) si rivolge contro il fascino, le malie e le maledizioni. A Racalmuto si lasciano piccoli cumuli di sale agli angoli della casa per allontanare malanni, disgrazie, iatture, mentre si recita il testo 5. L’orazione di Caltabellotta (testo 7), invece, viene iterata tre volte mentre si getta il sale alle spalle della persona (magara) che ha probabilmente prodotto una fattura a danno del recitante. Di solito, però, questa breve formula, come a Barrafranca e a Mazzarino (testi 1, 2), si ripete quando si prende nuova dimora, per liberarla dagli spiriti nocivi che risiedono in essa: «la casa nella quale si passa, prima si lava per bene, poi […] si benedice con fronda di olivo bagnata in acqua santa e finalmente si scongiura col sale (Trapani). Chi non getta sale, pensa però a portarlo, prima d’ogni altra cosa nella casa nuova (Palermo)» (Pitrè 1889: IV, 330).

1.Mazzarino (CL – Salvatore Siciliano, rilevamento con intervista, 2002) orazione purificatoria

Acqua e sali ppi li magari; / cu l’avi ccu mia un ci ava putiri ghicari. (Acqua e sale per [contrastare] i magari; / chiunque mi ha in odio non deve riuscire ad accostarsi).

2.Barrafranca (EN – Lina Bombace, rilev. int., 2002) orazione purificatoria

Acqua e sali ppi li magari, / socchi dìcinu un ci pozza giuvari. / Ncapu la ventri/ 4 Ncapu la ventri. (Acqua e sale per [contrastare] i magari, / ciò che dicono non possa giovare loro./ [Il male possa ricadere] sul loro ventre / 4 sul loro ventre).

3. Sommatino (CL – Leonarda Valenza, rilev. int., 2009) orazione purificatoria

Acqua e sali. / Li magari, / chiḍḍu ca fanu,/ 4 nu ci pozza giuvari.(Acqua e sale. / I magari, / ciò che fanno/ 4 non possa giovare loro).

4.Naro (AG – Bonatesta 1951: 199) orazione purificatoria

Acqua e sali, / fora li magari, / e nna la me casa / 4 nun cci ànnu a ncugnari.(Acqua e sale / fuori i magari, / e a casa mia / 4 non si devono avvicinare).

5. Racalmuto (AG –Alessi 1960: 107-108) orazione purificatoria

Acqua e sali pi li magari / Soccu pènzanu nun s’avi avvirari. (Acqua e sale per [contrastare] i magari. / Tutto ciò che pensano non si deve avverare).

6. Marsala (TP – Carcione 1949: 119) orazione purificatoria

Acqua e sali / e soccu dìcinu dìcinu li maari.(Acqua e sale / [vanificano] tutto ciò che dicono i magari).

7. Caltabellotta (AG – Bongiovì 2003: 120) orazione purificatoria

Acqua e sali a li magari / zoccu fazza un ci pozza iuvari. (Acqua e sale contro i magari / quello che fanno non possa giovare loro).
Ancella-nell’atto-dell’incensamento-Trono-Ludovisi-parte-laterale

Ancella nell’atto dell’incensamento, Trono Ludovisi, parte laterale

Il sale è un ingrediente fondamentale per il controllo preternaturale dei demoni, utile a dominarli e a non permettere loro di arrecare danno; esso è impiegato a protezione della casa e del neonato affinché non entri la Nserra dentro il vaso posto in prossimità dell’uscio o nella bocca del neonato che, così, non sarà soggetto agli spiriti (cfr. Pitrè 1889: II, 155, 161). È concezione diffusa che le streghe/magare provino grande raccapriccio alla vista di quei granelli cristallini: «le streghe tengono un notturno banchetto, nel quale tutto si trova fuori che il sale che, più ancora dell’aglio, ha forza contro le maliarde e le malie. Tutte le vivande sono perciò insipide, perché le streghe mangiano senza sale e sentono per esso profondo orrore. Il solo nome di sale basta a far sciogliere all’istante quel convito. [... Per questo] si dice in forma scongiuratoria: Acqua e Sali, / e zoccu dìcinu li magari nun pozza giuvari!» (ib. IV, 110).

Quannu a cocchi pirsuna cci èttanu na jiastima, ssà pirsuna è persa s’u nnici “acqu’e ssali”, e un sputa tri bbot’all’aria: picchì, cùntunu i ranni, ca ricienn’accussì, turnam’arrieri n’a nnuccenzia battesimali, e u rimuoniu si pò dar’a testa n’e mura (Quando viene lanciata una imprecazione/maledizione a qualche persona, questa sarebbe persa se non pronunciasse “Acqua e sale” sputando tre volte in aria: perché, sostengono gli anziani, dicendo così [ci purifichiamo] ritorniamo nell’età dell’innocenza e il demonio non ha più potere contro di noi; Guastella 1882: 45).

«L’anima di Simon mago è [...] una nuvola a imbuto, alla cui vista le donne dan la croce a rovescio[...] e sputano tre volte aggiungendo per altre tre volte: Acqua e Sali! per iscongiurarla (Modica)» (Pitrè 1889: IV, 38-39).

Sempre a Modica, Guastella raccoglie una significativa testimonianza sull’uso antincantatorio del rituale suddetto. Trovandosi a casa di alcune donne allarmate dalla possibilità di essere state vittima di maleficio (fattura), assiste a un articolato cerimoniale esorcistico, durante il quale esse sciolgono i capelli, denudano le mammelle, baciano a terra e dicono:«O Signuri, un ci accunzientu! / Acqua e Sali, senz’abbientu! / Acqua e Sali o Gran Signura, / ppi livari sta fattura. / Acqua e Sali, o San Ciuvanni / ppi stutari stu focu ranni. / Acqua e sali, acqua e sali / setti jastimi supra li majiàri… La voce di quel terribile sortilegio si sparse ben tosto nel paesello, e Iacopazza la nera [creduta l’artefice della fattura] non potea più passar per le vie, perché da ogni uscio, da ogni finestra, da ogni terrazzo le veniva buttata acqua e sale, mista a maledizioni terribili»(Guastella 1995: 60).

Allo spargimento del sale in casa, perciò, è attribuito un significato apotropaico e disincantante: l’azione ritualistica equivarrebbe ad allontanare le entità negative (solitamente personificate, tramite allegorie ipostatiche, in demoni pneumatici o teriomorfi) che risiedono nella dimora, espressione fisico-spaziale della famiglia in senso soprattutto diacronico, in quanto in essa si esprimono i legami con gli antenati defunti che vi abitano. La mancanza di culto prestato nei loro confronti manterrebbe in uno stato miasmatico l’ambiente domestico in cui si vive.

L’azione aspersiva dell’acqua e del sale aveva infatti, nei tempi antichi, una finalità celebrativa nei riguardi dei parenti defunti ed era prevista dalle prescrizioni devozionali nei confronti degli spiriti degli avi; poi, col tempo, ha espanso il suo simbolismo e la sua funzionalità, stabilizzandosi su significati plurali e generici: è oggi celebrata, infatti, anche per evitare che i demoni possano entrare di notte in casa, mentre si sta dormendo.

Bagno-arabo-Mezzagnone-RG-incisione-di-J.-Houel-Tav.-CCXII-Voyage-pittoresque-vol.IV-1787.

Bagno-arabo Mezzagnone (RG), incisione di J. Houel, tav. CCXII, Voyage pittoresque vol. IV, 1787

Documenti letterari latini attestano l’uso dell’offerta del sale, del pane, del vino, del sacrificio della scrofa, come atti cultuali nei confronti dei Penati, Mani, Lari, trasfigurazioni degli spiriti degli antenati domestici (cfr. Ov. Fast. II, 533 ss.; Hor. Carm. III, 23). Nelle stesse fonti, questi usi convenzionali erano definiti indispen- sabili al fine di “placare” le anime degli avi, evitando in tal modo che esse, private dalle azioni celebrativo-devozionali dovu- te, divenissero irrequiete e, vagando, portassero tormenti, tragedie e sterilità. Nello specifico, gli effetti nefasti si sarebbero registrati in ambito fisico (malattie, morte) ed economico-patrimoniale, visto che la mancata osservanza avrebbe potuto provocare l’avvizzimento delle coltivazioni, la devastazione dei raccolti, l’incendio delle abitazioni. Stando a Ovidio (Fast. II, 543-544), fu Enea a portare questo costume presso i Latini che appresero le cerimonie devote, osservandolo mentre recava doni rituali al Genio paterno. Ed è noto che questi riti funebri in onore del padre, Enea li celebrò per primo in Sicilia, a Erice, presso la tomba di Anchise, sepolto un anno prima (Ver. Aen. V, 42 ss.).

Miasma e Catarsi

Il rituale di aspersione con acqua e sale è documentato per la Sicilia da fonti letterarie ed epigrafiche, risalenti almeno all’età classica. In esse, tuttavia, la pratica ha valenze sia catartiche sia psicagogiche, in quanto la cerimonia acquisisce, oltre alla funzione purificatoria, ruoli devozionali-evocativi nei confronti dei defunti.

Incisa su una lamina plumbea risalente al V sec. a.C. è la cd. lex sacra rinvenuta a Selinunte (cfr. l’editio princeps: Jameson, Jordan, Kotansky 1993). In questo testo regolativo, che dà prescrizioni riguardo a riti da osservarsi qualora si fosse caduti in stato di “impurità” per aver commesso un omicidio, tra le altre cose sono indicate le operazioni da compiersi per offrire cerimoniali espiatori e purificatori in pubblico e in privato: abluzioni, libagioni, aspersioni, unzioni, circumambulazioni, sacrifici cruenti, rituali di ospitalità.

La lex selinuntina stabilisce altresì le modalità per attuare un rito catartico finalizzato alla purificazione dei soggetti e degli ambienti che sono rimasti corrotti a causa dell’assassinio commesso: la decontaminazione dagli elasteroi (demoni ultori dei delitti di sangue) prevedeva una proclamazione, la loro accoglienza, l’offerta di acqua per lavarsi, di un pasto, del sale, il sacrificio di un porcellino a Zeus, una circumambulazione lontano dall’altare del sacrificio, un’aspersione con acqua di mare (cfr. Dimartino 2003).

La lex sacra tramanda, perciò, oltre alla cerimonia espiatoria anche un rito purificatorio, che si attuava nell’agrigentino per mezzo dell’offerta di acqua e sale, dell’aspersione con acqua salata di mare, di un banchetto agli elasteroi  e di un rituale di theoxenia (disporre una tavola, una kline, un drappo su cui stendersi, miele, latte, focacce e carne) nei confronti dei Tritopatores puri. Quest’ultimo, in particolare, è un cerimoniale psicagogico finalizzato all’ospitalità delle anime dei defunti antenati, tramite l’offerta di cibo, di acqua, di un posto dove sedere, già contemplato in altre formule incantatorie siciliane, di ordine apotropaico-propiziatorio, in cui a essere accolti o allontanati sono invece insetti e animaletti che entrano in casa, interpretati come demoni zoomorfi del bene o del male.

Una formula esemplare rivolta all’ape legnaiola (lapuni) è la seguente: Si veni ppi beni, / piglia la seggia e sedi; / si veni ppi mali / stòccati li pinni e l’ali (Se vieni a portare bene / prendi la sedia e accomodati, / se vieni per arrecare male / rompiti le penne e le ali), Cattolica Eraclea (AG – Messina 1952: 175).

Bagno-rituale-ebraico-mikvah-VI-sec.-Siracusa

Bagno rituale ebraico, mikvah VI sec. Siracusa

Il rito di purificazione, contemplato nella lex sacra, è descritto anche da fonti letterarie siracusane contemporanee e più tarde. Il frammento di un mimo di Sofrone (V sec. a.C.) attesta l’uso del sale nei rituali catartici domestici che si attuavano per tenere lontane le forze del male (cfr. Hordern 2002); ma è l’idillio XXIV di Teocrito (IV-III sec. a.C.) che conferma nel dettaglio diverse indicazioni selinun- tine. In esso, Tiresia indica ad Alcmena un articolato cerimoniale per annullare la minaccia nociva dell’uccisione, per mano di Eracle infante, dei due serpenti inviati da Era e un rituale catartico atto a mondare la casa in cui si è consumata l’azione sacrilega, quindi in stato d’impurità. L’indovino consiglia di bruciare i serpenti con legna secca (di aspalato, paliuro, rovo o d’un arbusto disseccato e scosso dal vento) a mezzanotte, l’ora in cui i rettili hanno provato ad aggredire il piccolo eroe; poi, raccolta la cenere del fuoco, al mattino, gettarla nel fiume senza lasciarne traccia, e tornare indietro senza voltarsi. Infine, espone le prescrizioni per liberare la casa dal contagio con la fiamma di puro zolfo prima, poi aspergendola d’acqua limpida e sale con un ramo incoronato, come è consuetudine, e, infine, con l’offerta di un porcello maschio in sacrificio a Zeus (vv. 88-100).

Il rituale dell’acqua e del sale, come abbiamo visto, è attestato ancora oggi in ambito privato, dove la pratica ha acquisito valore apotropaico e prefascinante, mantenendo caratteristiche funzionali di matrice catartica e psicagogica. Questi significati sono maggiormente evidenti nelle operazioni domestiche d’impronta esorcistica che si compivano quando si prendeva casa (solitamente ogni anno, ad agosto). Nel momento in cui si entrava per la prima volta nella nuova abitazione, infatti, vigeva l’usanza, oltre che di spazzarla e lavarla con acqua, di portare pane e spargere sale: operazioni che si rivolgono agli spiriti domestici (anticamente interpretati come demoni familiari) definiti lor signuri/cumpagnia per iperonimia eufemistica. In quell’occasione, infatti, una volta varcata la soglia, si diceva: Si saluta a lor signuri / ccu tutta la cumpagnia, e si lasciava il pane, a pezzi o per intero, in certi luoghi della casa (Vannucci 1889: 300-301). Quello dell’acqua e sale è un rituale di catarsi, mentre il dono di pane è equivalente all’offerta della focaccia agli spiriti degli antenati (i Tritopatori della lex selinuntina), per prescrizione cultuale e captatio benevolentiae, rientranti nelle pratiche di accoglienza/xenia in cui erano coinvolti anche gli elasteroi.

In queste circostanze private, pare essersi mantenuto vivo l’ancestrale valore simbolico attribuito a queste azioni rituali: cacciare gli spiriti maligni e accogliere le anime benevole. Più leggibile è la valenza catartico-terapeutica attribuita ancora oggi ai rituali di fumigazione (spummicatura), celebrati bruciando erbe aromatiche e portando il fumo in giro per casa (cfr. Mannella 2015), mentre l’acqua e il sale, oltre al valore purificatorio, riconducono continuamente alle evocazioni psicagogiche dei defunti, attraverso una perenne oscillazione semantica e funzionale.

Secondo alcune testimonianze demologiche, gli spiriti dei morti appaiono in sogno per chiedere ai parenti in vita, più che preghiere di suffragio, cibo e acqua (Pitrè 1889: IV, 47). L’acqua, infatti, rientra tra le offerte canoniche dovute ai defunti:«presso gli Ateniesi, il termine aponimma (ἀπόνιμμα: acqua lustrale) è riferito al rituale in onore dei defunti o alla purificazione degli impuri [...] Cleidemo scrive: “scava una fossa sul lato sinistro della tomba. Poi, stando di fronte a essa, rivolto a occidente, versa dell’acqua, recitando queste parole: – Acqua purificante per te, come è necessario e lecito -”» (Athen. Deipn. 9. 409f-410a).

Oltre a ciò, l’acqua è l’elemento protagonista di diverse pratiche catartiche, come delle abluzioni rituali che garantivano, a coloro che vi si sottoponevano, la purificazione dello spirito e del corpo. A tal proposito, abbiamo notizia del ritrovamento,in Sicilia, di bacini (louteria) di uso igienico-rituale e di vasche per bagni cerimoniali come quella di età ellenistico-romana venuta alla luce all’interno del complesso del ginnasio di Cava d’Ispica, e probabilmente anche quella rinvenuta a Erice (VI-V sec. a.C.) verosimilmente connessa al culto di Venere.

Nei restanti documenti folklorici siciliani, l’impiego dell’acqua e del sale si rileva come metodo antimalocchio (cfr. Pitrè 1913: 197) e in generale per circoscrivere un’area e renderla immune dall’incursione e dalla minacce degli spiriti maligni, che detestano il sale anche soltanto a nominarlo. Quest’ultimo, tuttavia, veniva sparso sulla schiena del somaro nel momento e nel caso in cui vi si dovesse sedere sopra una donna mestruata (condizione notoriamente impura, cfr. ib. 1896: 131); era altresì lanciato sul tetto della casa di un nemico personale: «Come squaglia il sale così squaglierà lui (Castiglione)» (ib. 1913: 200); ma fondamentalmente il sale era usato ritualmente come potente apotropaion, con una valenza antidemonica e amuletica (inserito nei cosiddetti sacchiteddi, ib. 203), in grado di svilire eventuali epifanie/contaminazioni/attacchi determinati da magare, streghe, donni di fuora, spiriti di bambini morti (ib. 1889: 37, 74, 111, 120, 182).

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Saline, Trapani

Purificazione e psicagogia

Sia Ateneo sia la lex sacra parlano di usi “leciti”, “consuetudinari”, attestando in tal modo, la radicata appartenenza all’uni- verso popolare e tradizionale di tali cerimonie che si sono stabilizzate in epoche precedenti alle stesse fonti. I documenti antichi e le attestazioni moderne si presentano sovente con- traddittori riguardo a purezza e impurità, contaminazione e decontaminazione, posi- tività e negatività di questi ingredienti rituali, e non sempre perché provenienti da distinti sistemi etnico-culturali. Secondo Plutarco, i sacerdoti di Iside devono mantenersi in uno stato di assoluta purità e «durante i periodi di purificazione escludono dai loro cibi perfino il sale» perché il sale è un elemento impuro in quanto molti animaletti, intrappolati dalla cristallizzazione vi muoiono dentro. Più avanti infatti lo scrittore aggiunge: «i sacerdoti considerano il mare una cosa impura e chiamano il sale “spuma di Tifone”, e tra i vari divieti che si impongono, uno è appunto quello di mettere il sale in tavola. E così non possono rivolgere la parola ai naviganti, perché da esso traggono di che vivere» (Iside e Osiride, 32). Nei testi veterotestamentari, quindi nella cultura giudaica, le cose non stanno così: «Dovrai salare ogni tua offerta di oblazione: nella tua oblazione non lascerai mancare il sale dell’alleanza del tuo Dio; sopra ogni tua offerta offrirai del sale» (Lv 2,13).

Medesime considerazioni varrebbero per gli usi folklorici. Da documenti dell’età della Controriforma, apprendiamo altresì che i rituali di fumigazione/incensamento, nonché l’offerta di sale, non servivano a contrastare le potenze demoniache ma ad evocarle, accoglierle come nella testimonianza di Vannucci (supra). Nel 1638 l’arcivescovo di Monreale nei Ricordi a’ Confessori tanto secolari come regolari intorno al Santo Ufficio, condanna ufficialmente «tutti quelli c’hanno fatto patto, implicitamente o esplicitamente o per sé o per altri, con il demonio. Quelli che l’adorano esplicitamente o implicitamente, offerendogli sale, pane, cacio, allume, saina o altre cose. Quelli che lo invocano dimandandogli gratie, inginocchiandosi, accendendo candele o altri lumi, [che] gli fanno suffumigij con incensi o simili» (Renda 1997: 410). Il fatto è che, rispetto agli antichi riti evocativi dei defunti contemplati nella lex sacra selinuntina, si è compiuto un passaggio non sostanziale che riguarda il destinatario della celebrazione (da esseri soprannaturali, morti, ad altri esseri soprannaturali, diavoli/magari) ma si è mantenuto in vita il carattere psicagogico dell’offerta del sale, del pane e del rito del suffumicamento.

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Cattedrale di sale, miniera di Realmonte

Com’è accaduto per altre formule cerimoniali e per altri rituali che prevedono recitativi eucologici, il significante ha, in qualche modo, conser- vato tratti originari, mentre l’archetipico significato si è impoverito e semplificato, in parte deformato, pur rimanendo integrato all’interno della medesima cultura simbolica. In questo caso, alla dispersione del fenomeno si è unita una parziale diversificazione di senso che conferma l’impiego dell’acqua e del sale contro le forze del male, ma altera, in aree circoscritte, il prioritario e primordiale carattere psicagogico, assestandosi verso soluzioni quasi esclusivamente antimiasmatiche. In particolare, in molte località, è venuto meno anche il rito di aspersione, e si è conservato soltanto il formulario apotropaico che dimostra l’impiego sussistente di questi elementi (acqua, sale) citandoli, fondamentalmente, per cacciare gli spiriti maligni e i magari e per vanificare potenziali loro azioni.

Questo fenomeno è stato relativamente incluso all’interno di un apparato articolato di ideologie e usi facenti parte del nuovo credo, il Cristianesimo, impostosi soprattutto in età medievale; nella fattispecie, in alcune località, il motivo è stato connesso, non a caso, alla festa della purificazione di Maria, coincidente col 2 febbraio, dato che è stato rilevato l’uso delle cere della Candelora nel rituale catartico dello spargimento di acqua e sale (cfr. Pitrè 1889: IV, 147).

Particolarmente elaborate risultano le pratiche di una operatrice di incantesimi (magara), proveniente da Palermo, che realizza anche rituali catartici, per committenza, al fine di contrastare le negatività domestiche e le “disgrazie” attribuite all’opera malefica di invidiosi o magari. Maria Gordena C., fattucchiera, attua, nello specifico, due rituali catartici antimalocchio e apotropaici: uno diretto alla purificazione della persona tramite un’abluzione rituale, l’altro finalizzato alla decontaminazione della casa. Nel primo caso, la magara mette a bollire (a fuoco lento, per 5 min.) acqua salata in un tegamino (mescolando mezzo chilo di sale, acqua e una pizzicata di azzolu, indaco), facendovi sopra tre segni di croce con un cucchiaio di legno (da nord a sud e da ovest ad est, non viceversa, per non incorrere in effetti contrari e antinomici) e riversando il tutto in una vasca per fare un bagno purificatorio, dicendo:

8. Palermo (PA – Maria Gordena C., rilev. int., 2017) orazione catartica

Sali ppi lavàrimi / e sali ppi purificàrimi. (Sale per lavarmi / e sale per purificarmi).

Nel secondo caso, Gordena dispone sopra un piattino un bicchiere (se in presenza di malocchio, l’intruglio traboccherà dal bicchiere nel piattino, senza disperdersi) che riempie per metà di sale e per metà di acqua, senza mescolare, e ripone il tutto al buio, in attesa che si concluda l’evaporazione dell’acqua, pronunciando queste parole:

9. Palermo (PA – Maria Gordena C., rilev. int., 2017) incantesimo catartico-psicagogico

Sali ppi lavari / e sali ppi purificari. / Acqua e sali / 4 nti sta casa aviti a puliziari: / l’armi boni suli aviti a lassari, / tutti l’armi tinti v’aviti a purtari; / nna stu bicchiri à stari / 8e, quannu st’acqua s’asciuca, / na prova, ppi pietismo, mi l’aviti a dari. (Sale per lavare / e sale per purificare. / Acqua e sale / 4 questa casa dovete ripulire, / soltanto le anime benevole dovete lasciare, / tutti le cattive presenze vi dovete portare, / in questo bicchiere dovete restare / 8 e, quando quest’acqua si asciugherà, / una prova, per pietà, mi dovete dare).

Una volta prosciugatasi l’acqua, l’officiante, attraverso la lettura delle concrezioni saline rimaste nel fondo del bicchiere dopo l’evaporazione dell’acqua, interpreta i segni, come omina contestualizzanti, per risalire all’identità del malocchiatore, al motivo dell’odio e/o alle modalità di offesa ecc. Dal testo emerge chiaramente la funzione attribuita ai due ingredienti, anche se più che di aspersione siamo di fronte a un rituale affine alla fumigazione: come il fumo, l’evaporazione acquea libera e disperde nell’aria le sue particelle trasformatesi in gas, ritenute in grado di detergere l’ambiente, affrancandolo dalle entità pneumatiche negative. L’acqua e il sale sono impiegati per lavare, purificare (lavari, purificari) e così mondare e ripulire (puliziari) la casa dagli spiriti maligni (armi tinti), al fine di accogliere le anime benevole (armibuni) e ottenere un responso diagnostico. Essi hanno mantenuto perciò, in questo cerimoniale, un valore catartico e una finalità psicagogica, dato che spesso le evocazioni delle anime (dei defunti) si attuavano proprio per consulti divinatori (cfr. Giacobello 1999).

Dialoghi Mediterranei, n.28, novembre 2017
Riferimenti bibliografici
I documenti eucologici sono tratti da tesi di laurea dell’Università di Palermo redatte con la supervisione di G. Cocchiara (Alessi G., Tradizioni popolari di Racalmuto, 1959-60; Bonatesta M. L., Tradizioni popolari di Naro, 1950-51; Carcione A., Le tradizioni popolari di Marsala, 1948-49; Messina G., Tradizioni popolari di Cattolica Eraclea, 1951-52) e S. Bonanzinga (Bongiovì M., L’immaginario magico di Caltabellotta, 2002-03). I recitativi di Mazzarino, Barrafranca, Sommatino e Palermosono stati raccolti durante i rilevamenti avvenuti nel 2002, 2009, 2017.
Le testimonianze sui rituali purificatori e psicagogici siciliani sono edotte da: Guastella S. A. (1995,  Le parità e le storie morali dei nostri villani, Flaccovio, Palermo; 1882, Vestru, scene del popolo siciliano, Piccitto e Antoci, Ragusa), Vannucci G. A. (1889, Superstizione siciliana per lo sgombero, ASTP VIII, 1889: 300-301), Pitrè G. (1913, La famiglia, la casa, la vita del popolo siciliano, Virzì, Palermo; 1896, Medicina popolare siciliana, Clausen, Torino Palermo; 1889, Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano, I-IV, Clausen, Torino Palermo); Renda F. (1997, L’inquisizione in Sicilia, Sellerio, Palermo).
Riguardo alle fonti letterarie consultate, cfr. Hordern J. H. (2002, Love Magic and Purification in Sophron, PSI 1214a, and Theocritus “Pharmakeutria”, The Classical Quarterly, 52, 1: 164-173).
Sulla cd. lex sacra selinuntina, cfr. Dimartino A. 2003 (Omicidio, Contaminazione, Purificazione: Il caso della Lex Sacra di Selinunte, Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, s. IV, v. VIII, 2, Pisa), Kevin Clinton K. 1996 (A New Lex Sacra from Selinus: Kindly Zeuses, Eumenides, Impure and Pure Tritopatores, and Elasteroi, Classical Philology,91, 2: 159-179), Jordan D. R., Kotansky R. D., Jameson M. H. 1993(A lex sacra from Selinous, Duke University, Durham, N. Carolina).
Per altre considerazioni di ordine simbolico-cerimoniale si rimanda a Giacobello G. 1999 (Lo spirito del gioco. Campi di esperienza mitico-cerimoniale nella tradizione del Lotto in Sicilia, «Archivio Antropologico Mediterraneo», II/1-2: 107-137), Mannella P. L. J.2015 (Il sussurro magico. Scongiuri malesseri e orizzonti cerimoniali in Sicilia, Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari – Museo internazionale delle marionette “A. Pasqualino”, Palermo).
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Pier Luigi Josè Mannella, docente di discipline letterarie (St. Louis School, Milano), ha acquisito una formazione didattica specialistica insegnando con il metodo italiano, il modello britannico (Cambridge, IGCSE) e il programma Baccalaureato (IB) per i quali si è qualificato (Univ. degli studi, Palermo; Univ. Statale, Milano; IBO, Den Haag, Netherlands; IED Communication, Milano). Si è dedicato alla scrittura creativa pubblicando racconti (Corsivo, Milano 2004; Anima Letti, Milano 2011) e a studi etno-antropologici (Le figure popolari siciliane nei proverbi di Mazzarino, Palermo 2005), con una particolare attenzione alle formule e ai rituali incantatori (Il sussurro magico. Scongiuri, malesseri e orizzonti cerimoniali in Sicilia, Palermo 2015).

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